In cosa consiste l’Underconsumption Core che ha conquistato gli utenti di Tik Tok facendolo diventare un trend virale?
Stanchi del “produci, consuma, crepa” di CCCPiana memoria, i giovani della generazione Z non si vogliono sentire come il criceto in gabbia, obbligati a comprare per forza l’ultimo prodotto di tendenza, sia esso un abito, un paio di scarpe, una crema per il viso o un nuovo divano.
E così stanno decidendo in massa di abbandonare gli influencer che propinano contenuti per pubblicizzare cose da comprare riscoprendosi “underconsumer”. Cos’è dunque l’Underconsumption Core e perché sta facendo tanti seguaci?
Molti giovani della Generazione Z si sono trasformati da potenziali acquirenti di prodotti pubblicizzati sui social a strenui difensori del sacrosanto diritto di usare quanto più possibile oggetti, accessori, vestiti e qualsiasi altro tipo di prodotto prima di decretarne la fine della loro vita e della loro utilità. Il tutto in un’ottica antispreco che non fa bene solo al portafoglio ma anche e soprattutto alla salute del pianeta.
Bando al consumismo, dunque. Tutto quello che si può usare non deve essere gettato ma usato e riusato quanto più possibile. La critica feroce è soprattutto verso il fast-fashion e l’abitudine che molti hanno di comprare senza un vero motivo.
Possedere mille abiti da tenere in un armadio che poi magari vanno a finire in discarica non ha senso. Meglio puntare su un numero esiguo di capi, pochi ma di buona fattura e qualità, da usare a lungo.
La stessa tendenza che richiama valori come l’etica e la sostenibilità può essere trasferita anche nell’interior design. Cambiare complementi di arredamento ancora perfetti a livello estetico e funzionanti ogni stagione per sostituirli con i nuovi in base alle tendenze di moda è deprecabile per chi segue l’Underconsumption Core.
Sì allo stile minimalista, sì alla second hand economy, al riutilizzo e al riuso dei materiali per recuperare risorse e materiali e diminuire la quantità di rifiuti generati per migliorare e rendere meno critica l’impronta ecologica.
Dalla parte opposta c’è un secco no allo shopping compulsivo dettato spesso dall’onda emotiva scatenata da un video sbucato all’improvviso nella timeline di un social.
Insomma bisogna dare il giusto valore a cioè che si possiede. Evitare di sprecare, lasciare andare la fantasia con il riciclo creativo . Soprattutto capire che la felicità non è data dai tanti oggetti accumulati o dal possedere l’ultimo prodotto del grande brand uscito sul mercato.
Questo è il primo passo giusto per prendersi cura non solo della propria dimora ma anche e soprattutto della propria salute mentale per sviluppare una maggiore consapevolezza di quali siano i propri veri bisogni e a cosa dare priorità nella vita.