Tecnologia e arte: come la digitalizzazione sta plasmando l’estetica moderna

La digitalizzazione dell'arte è una realtà tangibile ai nostri giorni, l'uso della tecnologia sta plasmando l'estetica moderna in modo profondo, ma fin dove si potrà arrivare senza perdere identità?

Il momento che stiamo vivendo vede stringersi il rapporto tra tecnologia e arte, sono due mondi sempre più connessi e le nuove generazioni di nativi digitali sono chiaramente più portati ad utilizzare strumenti tecnologici per creare opere artistiche. L’estetica moderna sta cambiando e come tutte le trasformazioni non sempre chi le vive si rende conto appieno di dove possono portare.

Se un tempo un pittore non poteva prescindere dall’elemento materico nella creazione delle tonalità di colore da pennellare sulla tela, oggi basta un pad e la conoscenza di un software per scegliere la gradazione per i suoi dipinti virtuali. E addirittura grazie all’intelligenza artificiale per certi versi non serve nemmeno più imparare un’applicazione perché fa tutto lei, o quasi.

Insomma c’è chi è favorevole ma ci sono anche i detrattori, il tema è abbastanza spinoso perché se è vero che un creativo genuino può comunque sfruttare le tecnologie per rendere moderno e accattivante il suo messaggio è altrettanto vero che chi è dotato di poco talento può comunque produrre una quantità teoricamente infinita di opere d’arte non propriamente frutto della sua fantasia. Ma fino a dove ci si può spingere?

L’arte digitale è al centro di una rivoluzione estetica

La digitalizzazione dell’arte è una realtà oramai ovvia per le nuove generazioni, ci sono AI Artist che praticamente generano centinaia di opere grazie all’utilizzo dell’intelligenza artificiale. In fondo non ci vuole molto. Basta chiedere agli algoritmi di produrre un’immagine, un dipinto, una grafica, una foto, qualsiasi cosa, e dopo pochi secondi si può ottenere quanto desiderato. Stampe d’arte trendy da appendere alla parete.

Notte Stellata di Van Gogh
L’arte digitale è al centro di una rivoluzione estetica – designmag.it

Ci si può ugualmente definire artisti solo per aver chiesto a una macchina di creare un quadro o una foto? Senza aver studiato alcuna tecnica tradizionale, senza averne creata una da zero? D’altronde il mercato è aperto, c’è internet, ci sono i social network, un pubblico potenziale a cui proporre le proprie creazioni si può trovare con facilità.

Non siamo più ai tempi del Caravaggio che lavorava al servizio di alti committenti e colti amatori o di Van Gogh, che faceva fatica a vendere i suoi quadri. Le opere d’arte sono diventate immateriali, gli NFT (Non-Fungible Token) hanno aperto nuove strade per gli artisti digitali, che li vendono tramite blockchain a prezzi anche esorbitanti, se consideriamo che stiamo parlando di un codice.

Di certo le tecniche digitali moderne consentono di creare “opere d’arte” che sfidano le capacità umane. Ma se l’AI permette di generare qualsiasi tipo di contenuto grazie al fatto che analizza in pochi secondi grandi quantità di dati per scoprire pattern, opere pittoriche o sculture originali, va sempre sottolineato che solo la creatività umana può imprimere in dipinto o in un oggetto scolpito l’emozione che ha dentro, ciò che lo ha portato a voler comunicare nella sua (questa sì) opera d’arte il tumulto di sensazioni nascoste nella sua anima.

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