Il condono viene applicato anche nelle zone vincolate? E quali prove di ultimazione dell’opera occorre presentare e da chi? Scopriamo insieme tutti i dettagli.
È stata una sentenza recente su un caso di rustico ubicato in area sottoposta a vincolo paesaggistico e zona vincolata a fornire chiarimenti importanti relativi sia al condono edilizio di tipo terzo sia alla sanatoria straordinaria. Le ragioni espresse dal Consiglio di Stato e le motivazioni riportate nella sentenza consentono infatti di approfondire nel dettaglio alcuni aspetti dirimenti, sgombrando il campo da possibili fraintendimenti.
Partiamo quindi dal condono: nella sentenza menzionata è emerso con chiarezza che non si possa ottenere qualora l’abuso sia stato effettuato all’interno di un’area vincolata. Così com’è risultata inapplicabile anche la sanatoria straordinaria, in quanto l’area sulla quale si è ritrovato l’immobile giudicato è risultata sottoposta a vincolo paesaggistico.
Ciò vale anche nel caso in cui gli interventi effettuati risultino, a seguito di opportuna verifica, conformi alle norme urbanistiche ed alle prescrizioni degli strumenti edilizi da dover adottare ed applicare. Il terzo condono risulta quindi applicabile soltanto ad interventi di minore rilevanza come il restauro, la manutenzione straordinaria ed il risanamento conservativo, a patto che sussista però anche il previo parere favorevole dell’autorità preposta alla tutela del vincolo.
Condono: a chi spetta la verifica dell’ultimazione dell’opera ed i criteri di prova alternativi
L’onere di provare con ragionevole certezza la data di conclusione degli interventi edilizi spetta al proprietario dell’immobile o al responsabile dell’abuso effettivo. Tuttavia, anche in questo caso la sentenza ha potuto aggiungere due chiarimenti particolarmente importanti: in alternativa, infatti, possono valere ai fini della verifica della data di ultimazione necessaria per la valutazione del condono anche due ulteriori criteri, previsti dall’articolo 31 al comma 2 della legge 47 del 1985.
Si tratta dei criteri di tipo strutturale, ovvero relativi ai casi di nuove costruzioni, e dei criteri di tipo funzionale, nei casi di interventi compiuti all’interno di edifici già esistenti e con destinazioni d’uso diverse da quella residenziale. E nel caso giudicato dalla sentenza, non avendo l’appellante fornito alcuna prova, la Pubblica Amministrazione ha potuto presentare in alternativa il criterio di tipo strutturale.
Attraverso una aerofotogrammetria, infatti, ha potuto dimostrare che all’anno 2004 l’immobile contestato di nuova costruzione risultava inesistente. E dovendo le opere abusive rispettare il termine massimo di edificazione del 31 Marzo 2003 per poter essere considerate ammissibili al terzo condono, ecco che, in base alla prova fornita dala PA, la possibilità in questo caso non sussisteva.