Milano saluta un grande protagonista della sua architettura, Mario Antonio Arnaboldi, uno dei più famosi architetti e designer industriali italiani. Aveva 89 anni l’autore delle grandi industrie milanesi, la cui progettazione, nel corso della sua carriera, si è accompagnata a quella di scuole, spazi espositivi, ospedali e capannoni.
I funerali si svolgeranno oggi, lunedì 15 novembre, nella chiesa di Santa Maria delle Grazie a Milano.
CHI ERA MARIO ARNABOLDI
Laureatosi al Politecnico di Milano, Arnaboldi, titolare dello studio Architetti Associati Arnaboldi&Partners, ha lavorato sin da subito con Ernesto Nathan Rogers e Franco Albini presso lo IUAV di Venezia. Ha insegnato all’Università di Trento, alla Sydney University ed è stato Lecturer alla University of Colorado di Denver. I suoi impegni accademici annoverano anche nomi come il College of Architecture and Planning e la Columbia University di New York, oltre al ruolo di professore emerito nella città che tanto amava, Milano, al Politecnico.
Arnaboldi si è impegnato anche nella stampa specialistica, essendo stato vicedirettore della rivista “Arca”.
ARNABOLDI, ARCHITETTO “INDUSTRIALE”
Il suo grande contributo all’architettura milanese inizia tra gli anni ’60 e ’70, quando si dedica allo sviluppo di progetti che, di fatto, hanno segnato il boom industriale dell’intera Lombardia. Portano la sua firma, infatti, grandi stabilimenti come quello di Saiwa-Nabisco a Locate Triulzi, Ramazzotti-Pernod a Lainate, Soilax, Mobil e Oberfi a Rozzano.
Anche all’estero il suo impegno è stato notevole, grazie a progetti distribuiti praticamente in tutto il mondo, dalla Germania al Senegal, dalla Gran Bretagna all’Argentina.
MILANO PERDE UN GRANDE PROFESSIONISTA
Con la morte di Mario Arnaboldi la città di Milano e, più in generale, la Lombardia, perdono un grande professionista. Lui, che ha operato negli anni in cui l’architettura non era un settore facile in cui muoversi e lo stile industriale non era così ricercato come oggi per l’interior design, è stato in grado di seguire di pari passo lo sviluppo industriale dell’epoca, riproponendolo nelle sue architetture.
Gli stabilimenti, le fabbriche, i capannoni che portano la sua firma sono lontani dall’essere semplici edifici, ma rappresentano un vero e proprio pezzo di storia dell’architettura italiana, quella scritta da un professionista che ha cavalcato l’onda del cambiamento non per una pura voglia di gloria, ma per permettere alla città che lo ospitava di diventare un vero e proprio simbolo del rinnovamento in corso in tutto il mondo e giunto, proprio in quel periodo, anche nella sua Italia.