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La fine del mondo: non è una funesta profezia Maya ma il titolo della mostra che, fino al 19 Marzo, si può visitare al rinnovato Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci di Prato. Lo scorso 16 ottobre, dopo tre anni di lavori, finalmente ha riaperto “il Pecci” (come viene abbreviato dai pratesi) e devo dire che mi sono emozionata nel vedere, dalla mattina fino alla sera, una lunga coda di concittadini in attesa di varcare finalmente la porta della nuova struttura. Questo è stato il vero miracolo: l’interesse della città e la grande curiosità verso questa “navicella spaziale” progettata da Maurice Nio che abbraccia la struttura esistente opera di Italo Gamberini.
Ero una bambina quando nel 1988 fu inaugurato il Museo Pecci, non ricordo cerimonie d’aperture o tagli di nastri, ma per me, e per tutti quelli della mia generazione e quelle successive, il Pecci è sempre stato lì, all’ingresso di Prato a darti il benvenuto, con le sue grandi sculture adagiate sul prato al suo ingresso. Per me la Mezzaluna di Staccioli era una grande ciglia che un gigante aveva perso, mentre solo alle superiori riuscì a comprendere la colonna spezzata l’Exegi monumentum aere perennius di Anne e Patrick Poirier.
Ricordo che con la scuola andai a vedere una mostra di Richter e ne rimasi affascinata e forse solo allora capì il grande privilegio di avere nella mia città un museo di arte contemporanea, ma, come sempre accade, quando hai qualcosa troppo a portata di mano non riesci ad apprezzarla fino in fondo dandola per scontata.
La sua assenza per un lungo periodo credo che abbia fatto addirittura bene al rapporto tra il museo e la sua città; se n’è sentita la mancanza e spero che il rinnovato interesse non sia solo un fuoco fatuo. La grande riapertura, ha accesso tutta la città e l’arte contemporanea, ha inondato la scena cittadina con mostre collaterali in fabbriche dismesse, in gallerie e all’aperto nelle piazze; un tale fermento non si era mai visto e spero che non si spenga. Il programma è ancora intenso e non si ferma alla sola mostra, peraltro molto bella, ma vive con performance di danza e teatrali, lezioni e workshop sull’arte, cinema e tutto quello che è arte contemporanea in tutte le sue manifestazioni.
Non farò una recensione tecnica sulla mostra, perché non ne ho le qualifiche per farlo, però da semplice amante dell’arte posso dire che tutto il percorso mi ha emozionato ed entusiasmato; davvero questa mostra è la fine del mondo!
Articolo a cura di Alessia Bettazzi