Avere un affittuario che disturba il vicinato è una bella gatta da pelare, ma c’è un modo per risolvere legalmente il problema
L’inquilino disturbatore è un classico. Che sia il nostro vicino o che sia la persone che affitta la nostra proprietà il fastidio rimane. Se nel primo caso saremmo noi sotto attacco dei suoi rumori molesti, nel secondo caso è il locatore a ricevere tutte le lamentele.
Il proprietario di un immobile, affittato a una persona che non si adegua a un comportamento civile per una convivenza pacifica, può ricorrere alla legge per trovare la soluzione, che spesso si riassume in una sola parola: sfratto.
Sfratto dell’inquilino rumoroso: quando e come agire legalmente?
La questione dello sfratto dell’inquilino rumoroso è un problema rilevante per molti proprietari immobiliari. Spesso, gli inquilini che non rispettano le norme di convivenza civile creano disturbi continui, come musica ad alto volume, spostamenti di mobili nelle ore impensabili, urla o litigi, portando i vicini a lamentarsi e a chiedere interventi.
Per evitare tali situazioni, è consigliabile che i proprietari verifichino il profilo del potenziale inquilino attraverso la Banca Dati della Morosità Immobiliare. Questo strumento permette di valutare la storia pregressa dell’inquilino e minimizzare il rischio di problematiche future.
Quando un inquilino si rende colpevole di disturbi continui, il proprietario deve agire rapidamente. Spesso, i primi a segnalare il problema sono gli altri condomini o l’amministratore del condominio. Le segnalazioni possono avvenire:
1. Oralmente: attraverso lamentele dirette.
2. Per iscritto: tramite una lettera di diffida.
L’articolo 844 del Codice Civile stabilisce che i rumori non devono superare la normale soglia di tollerabilità, ovvero non devono impedire il riposo o alterare le abitudini dei vicini. Pertanto, se il proprietario è a conoscenza del problema, deve intervenire prontamente.
Il primo passo formale è inviare una lettera di diffida all’inquilino rumoroso. Questa lettera deve:
1. Richiedere l’interruzione immediata dei comportamenti molesti.
2. Avvisare delle conseguenze legali in caso di persistenza, inclusa la possibile risoluzione del contratto e lo sfratto.
Inserire una clausola “salva-quiete” nel contratto di affitto può essere utile per prevenire problemi futuri. Questa clausola specifica che comportamenti molesti possono portare all’immediata risoluzione del contratto.
Se l’inquilino non cessa i comportamenti rumorosi dopo la diffida, il proprietario può avviare la procedura di sfratto. Questo è supportato dalla giurisprudenza, come confermato dalla Cassazione con la sentenza 22869/2020. In caso di sfratto, l’inquilino deve liberare l’appartamento e riconsegnare le chiavi. Se si rifiuta, il proprietario può ricorrere al tribunale per ottenere uno sfratto per finita locazione