La legge prevede che la richiesta di pagamento del condominio vada fatta secondo precise modalità, se queste non vengono rispettate si può non pagare.
Chi abita in condominio è consapevole che presto o tardi verrà convocato ad un’assemblea per discutere delle spese necessarie da affrontare e per pianificare insieme agli altri condomini e all’amministratore i cambiamenti da intraprendere nel prossimo futuro. Diritto di ogni condomino è conoscere quali sono le intenzioni dei vicini di casa riguardo la manutenzione, i lavori di ristrutturazione, i cambi di azienda o tariffa delle utenze relative ai pagamenti comuni.
Tutte le questioni di questo tipo vanno discusse in assemblea condominiale, una riunione organizzativa che viene indetta dall’amministratore condominiale e a cui è bene che si partecipi. Se è vero infatti che per alcune decisioni non c’è la necessità della maggioranza assoluta, è anche vero che una decisione presa in nostra assenza ci toglie il diritto di contestarla e di difendere la nostra volontà a riguardo.
Ne consegue che si possa essere costretti a pagare delle spese di cui non si era a conoscenza e che non si potevano dunque pianificare. Un problema di non poco conto visto che ogni mese le spese sono cospicue ed una imprevista può causarci non pochi grattacapi. Ma nel caso in cui la spesa sia stata decisa in nostra assenza, si può decidere di non pagarla o si è obbligati a farlo?
Quando è possibile non pagare una spesa condominiale: la sentenza del Tribunale di Monza
L’unico asso nella nostra manica nel caso di una spesa decisa in assemblea condominiale di cui non eravamo a conoscenza riguarda la mancata comunicazione di convocazione dell’assemblea stessa. A tal proposito l’amministratore condominiale si deve attenere necessariamente a quanto sancito dalla legge, più precisamente da quanto scritto nell’articolo 66 del Codice Civile che è stato modificato nel 2012.
Prima del 2012, infatti, l’assemblea poteva essere indetta in qualsiasi forma e la convocazione poteva avvenire anche con il passaparola o con una telefonata. In seguito alla modifica dell’articolo la convocazione può avvenire solo ed esclusivamente tramite comunicazione scritta di cui si possa avere prova della ricezione da parte del condomino: le modalità valide sono raccomandata con ricevuta di ritorno o mail sulla posta elettronica certificata.
Tale vincolo è inderogabile ed è stato ribadito da una sentenza del Tribunale di Monza del 12 giugno 2024. Il caso riguardava l’impugnazione del pagamento richiesto dal condominio da parte di un condomino che sosteneva di non aver ricevuto la convocazione all’assemblea. L’amministratore aveva inviato una mail alla casella di posta normale e imbucato una lettera nella cassetta della posta di ciascun condomino, ritenendo che in questo modo avesse avvisato tutti in modo corretto.
Il Tribunale però gli ha dato torto, evidenziando nella sentenza come l’aver imbucato la lettera e l’aver mandato una mail agli indirizzi di posta ordinaria non costituisce una prova che questi abbiano ricevuto la convocazione all’assemblea per tempo. Sebbene si tratti di un cavillo legale, è vero che non essendoci ricevuta di ritorno non c’è prova che il condomino abbia letto.
Inoltre la mail inviata alla casella di posta ordinaria non costituisce prova nemmeno se ci fosse la spunta che indica l’avvenuta ricezione della missiva. Il titolare della mail non ha infatti l’obbligo di leggere la posta che gli arriva nella posta ordinaria, cosa che invece ha quando gli viene inviato qualcosa nella Pec.