Kengo Kuma, nato a Kanagawa nel 1954, ha studiato architettura tra Tokyo e New York. Nel 1987 fonda lo Spatial design Studio e nel 1990 il Kengo Kuma & Associates a Tokyo. Kuma usa un linguaggio architettonico e una passione per la materia tali che la sua è una vera e propria poetica progettuale di cui vorremmo mostrarvi i progetti chiave dell’ultima sua produzione a Partire dallo Stone Museum. La sua è una progettazione con la politica ben precisa di sfruttare le sensazioni tattili dei materiali con i quali gioca fino a quando non riesce ad apprezzarli in quanto tali, a sentirli vibrare. Prima ancora della forma dell’edificio, infatti, sembra scegliere il materiale, spesso solo uno, perché i suoi edifici sono esperimenti sul tema della monomatericità. È molto attento ai particolari, al senso della trasparenza, alla capacità di combinare insieme natura e artificio.
L’atmosfera che si respira nello spazio è molto importante e non è mai data la possibilità di vedere le cose in modo chiaro e inequivocabile: ci sono mille sfumature e l’illusione diventa realtà. Per Kengo Kuma anche la luce è materia fisica. Per ottenere questo risultato, abolisce, in molti progetti, sia la sostanza del muro che quella della finestra, sostituendoli con qualcosa di ibrido, in grado di offrire la protezione e la luce necessarie.
L’ hCCC Wall all’Università degli Studi di Milano
A confermarlo c’è il progetto di un’installazione all’Università degli Studi di Milano, durante la Settimana del Design. Un progetto in cui design e architettura, disegno dell’oggetto, dell’arredo e dello spazio convergono in un processo di positiva contaminazione. hCCC Wall divideva il chiostro del Cortile dei Bagni dell’ateneo in due giardini ideali di ceramica, simili ma contrapposti, metafora di Yin e Yang. La parete sembrava realizzata in un tessuto di leggerissima organza attraverso la mutevole e cangiante trasparenza del materiale. Durante la notte si trasformava in uno screen sul quale venivano proiettate straordinarie immagini, anticipazioni e uno special cut del trascorrere di un giorno attorno all’opera in costruzione dello spettacolare landmark “Casalgrande Ceramic Cloud” a Casalgrande.
Lo Stone Museum
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Relativamente poche aree, in Giappone, hanno una tradizione costruttiva in pietra e questo per il rischio di terremoti che interessa il paese. La regione di Ashino è delle poche in Giappone ad avere una tradizione costruttiva in pietra visto il basso rischio di terremoti ed è qui che sorge appunto lo Stone Museum progettato di Kengo Kuma: un complesso espositivo che sorge a partire dal recupero di tre magazzini per il riso degli anni ‘30, costruiti in pietra locale, e che si amplia con tre nuovi edifici, tutti collegati tra loro grazie ad uno specchio d’acqua centrale.
Kuma, che è noto per le sue realizzazioni architettoniche con materiali anticonvenzionali come il bambù o il cartone, lavora stavolta col più pesante dei materiali cercando però di essere coerente con la ricerca poetica che sempre lo distingue. Opera una “de-solidificazione” del materiale lapideo attraverso la creazione di una rete di alveoli nel pesante muro di sostegno dei magazzini esistenti, bucherellato di feritoie e nicchie riempite, all’interno, da lastrine di marmo bianco di Carrara sottili per offrire alla costruzione una qualità di traslucenza.
Il muro diventa un brise-soleil attraverso il quale possono passare sia la luce ma anche l’aria trasformando le pareti in qualcosa di luminoso e trasparente.
Lo stesso autore dice: «Ho articolato e connesso gli spazi usando particelle di “muro fragile” fatte di pietra locale. Il “muro fragile” è fatto usando strisce di pietra e tecniche di muratura forata. La mia intenzione era di provare a convertire la pietra, che ci si aspetta essere resistente e pesante, in qualcosa di fragile ed ambiguo».
Starbucks Coffe
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Ben più di 2000 travi di legno utilizzate da Kengo Kuma per una caffetteria Sturbucks: una struttura in legno intrecciato che caratterizza tanto gli interni quanto la facciata del negozio grazie ad elementi di lunghezze variabili in una tipologia di intreccio era già stata sperimentata dallo studio di Kengo Kuma nel progetto di arredi Chidori e nel GC Prostho Museum Research Center.
Il progetto, inglobando anche la vetrata di ingresso, si sviluppa senza soluzione di continuità dall’esterno all’interno e si completa con un arredo geometrico che sembra galleggiare sul pavimentazione in cemento, da cui fuoriescono divani dalle forme geometriche.