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La zona Ventura – Lambrate è da sempre la più appassionante, per un amante della scoperta come me. Dalle gallerie di nicchia, ai grandi hangar che ospitano collettive di giovanissimi designer internazionali. Tutti, indistintamente, si espongono senza pretese, come volessero semplicemente offrirti qualcosa da apprezzare.
Anche se non sempre è facile capirci qualcosa… semplicemente perché capita che non ci sia un desk informativo. Vale comunque la pena scoprire sperimentazioni, volumi, studi sui materiali ed espressioni ironiche, di un design ancora così incorruttibile da risultare comunque credibile.
La pioggia ha reso il compito sicuramente più arduo: cercare di proteggere la mia inseparabile macchina fotografica dalle gocce che s’infilano ovunque. Idem per il mio preziosissimo quaderno. In continuo movimento, sono riuscita a giostrarmi, con il solito ed unico fine di raccogliere più informazioni possibili, cercando di scoprire talenti e idee che, come sempre, sono un gran nutrimento.
Il mitico Giorgio non c’era e, a sostituirlo, un autista sconosciuto e taciturno ci ha accompagnati alla volta di Lambrate in un batter di ciglia e senza fiatare, malgrado le mie intrusioni per farlo sentire a proprio agio.
Tra giovani designer, nuovi brand e spazi creativi
Mi sono fatta lasciare in Via Ventura al numero 2/a. Lì ho trovato una sorta di stanza rialzata e senza porte, come fosse un garage-miniatura, allestito con i pezzi del nuovo brand Dante, creato da Christophe de la Fontaine. Un francese che vive in Italia, lavorando per molti anni con Patricia Urquiola. Una serie di mobili rivestiti di colori caldi, accostati ad accessori un po’ folli, ideati da vari artisti. Una collezione appena inaugurata e interamente Made in Italy.
Poco più in la, in una sorta di caffetteria costruita di travi di legno grezzo, Maarten Baas, il giovane designer uscito dall’Academy di Eindhoven, e già conosciuto negli spazi di Rosanna Orlandi a Milano, ha allestito le sue inconfondibili creature: lampade, tavoli, sgabelli e sedie dal design che ha saputo farsi riconoscere per le forme inconsuete come i protagonisti di una fiaba.
Un mondo in fermento
Ed ecco finalmente la mia galleria preferita: Plusdesign. La serie di sgabelli Nido mi accoglie: in fibra di vetro dai colori ‘fluo’ by Studio Besau Marguerre di Amburgo. Felice di vederli dal vero, dopo averli ammirati più volte sulle migliori riviste patinate.
Tra i pezzi che mi circondano vengo irresistibilmente attratta da Work in progress di Loredana Bonora. Finalmente una designer italiana che si esprime con ironia giocosa, rivestendo a intreccio i suoi pezzi con nastro segnaletico a bande bianche e rosse alternate. In questo caso, ha realizzato un attaccapanni che regge un cappello e un ombrello, accostati ad una sedia che pare dialogare con loro.
Molto interessante anche la presentazione in vetrina The Chroma season che illustra gli esiti del recente percorso progettuale di Liliana Ovalle, inaugurando una nuova fase di ricerca che esprime la sua essenza nella serie Colour me green e Colour me red.
Coerenza estetica: tra passato e presente
Attraversando la strada intercetto la presentazione MINDCRAFT12 e mi avvio nella speranza di assaporare il gusto della scoperta degli anni scorsi. Sono stati scelti 16 lavori realizzati dai migliori artigiani danesi sotto la guida creativa di altrettanti designer, in un percorso che esplora non solo il design, ma anche gli accessori.
Il lungo cortile nel quale mi sono inoltrata accoglie diverse esposizioni, le attraverso tutte finchè non trovo Yiin designer for HAN Gallery di Taiwan. Li avevo già ammirati anni fa in Triennale e anche stavolta le loro proposte rispecchiano un accurato e completo lavoro di ricerca. Dalle Plastic Ceramics Tabletop al Calligraphy screen e molti altri pezzi tutti all’insegna di una profonda coerenza estetica.
Nella galleria accanto trovo Dalla materia al prodotto, che presenta un’inedita collezione: design di Giò Ponti per Sambonet e un concept tavola di Metz & Kindler per Rosenthal, in un itinerario che ripercorre il processo di evoluzione e trasformazione dei materiali originali in oggetti unici.
Mi congedo per andare alla Design Gallery Milano con la sua esposizione dal titolo Sapete com’è. Un’ interessante presentazione di pezzi unici, dal design eccellente, che include autori quali: Andrea Branzi, Pierre Chardin, Michele De Lucchi, Johanna Grawunder, Massimo Iosa Ghini, Paula Juchem, Ettore Sottsass.
Poco più in là trovo, l’atteso e deludente, Padiglione Italia. Toccata e fuga per dirigermi alla volta di Must Have: altra collettiva di giovani designer internazionali, ospitati in un immenso capannone, senza direzione esplicativa. Mi soffermo ad ammirare solo alcuni pezzi, tra cui, di grande interesse, la serie di tavoli in rovere recuperato dalle botti di vino e intarsiato e le lampade in ottone riciclato di Fred & Juul il cui nome parrebbe straniero, ma in verità gli autori sono fiorentini. Bellissima anche la composizione floreale che scende dal soffitto, composta e curata da una designer olandese.
Back home, ritorno alla tradizione
Ed infine, attrazione fatale per una sedia in legno massello spesso e curvato dalla linea anni ’50, davvero unica. Alzando gli occhi leggo A. Aricò – Back Home. Immagino siano stranieri ma ecco che mi si avvicina un sorriso aperto, al quale mi rivolgo in inglese. Mi risponde in un italiano-calabrese, raccontandomi la sua meravigliosa storia. Nonno falegname, lui appassionato di design improvvisato e intuitivo, si mette a disegnare una serie di sedie, davvero straordinarie, che fa realizzare al nonno ultra settantenne, che in quel momento passeggiava, instancabile, per i vari stand ospitati dal grande capannone. Un giovane designer davvero, che con spontaneità e originalità, affida le sue idee al passato e alle sue preziose regole e radici, in un connubio familiare poco comune. Storie che regalano felicità e quel senso di libertà di chi non si prende troppo sul serio.
Quasi a fine giornata la stanchezza ha il sopravvento e accelero il passo per raggiungere la Carwan Gallery che, seppur libanese, quest’anno è sponsorizzata dal governo canadese proponendo una serie di designer, principalmente canadesi, che si uniscono ad altri libanesi in un connubio fra design e artigianato, per una serie di creazioni materiche ed esteticamente ineccepibili. Come la lampada Branching Bubble della newyorkese Lindsey Adelman Studio le cui ampolle sono soffiate a bocca.
Human textile
Ultima tappa: lo spazio che ospita Ikea. Entrando, una voce mi chiama e a sorpresa mi ritrovo faccia a faccia con Aldo Cibic. Che gioia incontrare un designer il cui entusiasmo è da sempre contagioso. Mi parla della sua prima collezione di tappeti e mi porta nel basement che ospita Happy Carpet.
I decori sono piccoli uomini che si tengono per mano, animali che fanno pensare all’arca di Noé o a una serie di motivi vegetali che hanno sempre un tratto astratto o surreale, che prende forma per mezzo di straordinari colori.
Questa è la nuova appassionante avventura di un designer a cui non manca mai una grande passione e curiosità e spesso coniuga la causa sociale alle sue creazioni.
Un’ora di conversazione con lui mi pare la migliore delle conclusioni possibili per la giornata a Ventura-Lambrate, che saluto, mantenendo il ‘proposito Ikea’ che mi regala, per la prossima primavera estate, un trionfo di colori e stampe per i tessuti che rivestiranno letti, divani e cuscini.
Ora tocca a zona Magenta e Tricolore, cominciando dalla Triennale. Credo che non mancheranno nuove proposte, esposizioni e anche quel tanto di felicità che, da sempre, il design sa trasmettere.