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Ho chiesto a Isa di unirsi a me e condividere i percorsi, ancora misteriosi, di questa quarta giornata alla scoperta del Fuorisalone 2012.
Lei è una delle donne più sofisticate, ironiche e dall’esperienza impareggiabile che io abbia mai incontrato. Per oltre 30 anni è stata la fashion designer delle ‘private lables’ di Barney’s New York, per le quali lo store è diventato famoso in tutto il mondo. Conosce i materiali, i dettagli, le tecniche e possiede un ‘parco informazioni’ tale, da far pensare che abbia avuto più vite.
I designer ‘le fanno un baffo’, non tutti ovviamente, ma certamente avrebbero da imparare da lei l’innata capacità di dare a qualsiasi creazione un’anima intramontabile.
Le zone prescelte: Tricolore-Romana. Il mio programma della giornata è un ampio ventaglio di progetti e proposte da assaporare con lentezza, tematiche sulle quali soffermarsi, iniziative aperte al futuro.
Mi ero prefissata di non farmi ammaliare dai grandi nomi. In fondo, la mia missione è sempre stata quella di riconoscere e scovare il guizzo creativo ancora celato e nascosto al mondo delle parole patinate e delle sovra-strutture, che spesso contribuiscono ad offuscare il talento ‘tout court’.
Sedersi, dondolarsi, rilassarsi
I Chiostri dell’Umanitaria: troppo vicini a casa per evitare di iniziare da lì, pur sapendo che, ancora una volta, la linea intrecciata di tappeti, sofà, poltrone e oggetti di Paola Lenti, sarebbero stati il decoro di questa magica cornice. Non mi aspettavo nulla di diverso, se non i colori e le ‘novità prodotto’. E a questo giro di valzer nel chiostro più famoso di Milano, la Lenti ha presentato una serie di altalene single dal nome ‘Adagio’ (quasi un monito a non esagerare con la velocità nel dondolarsi) e ‘Swing’, dondoli a doppia seduta.
L’auto ci attendeva e, non appena salite, Isa ha pensato di iniziare bene la giornata estraendo dalla sua gigantesca e favolosa Hermès in panno anni’80, un ginger candito. Affermando che: “Il ginger tira sù”, me ne ha offerto un pezzo, servendosi di una forchetta in argento settecentesca, affilata e sottile. Che dire?… Solo lei poteva pensare anche alla forchetta.
A quel punto, più energetiche di prima, ripartiamo, con Giorgio che ci conduce in Via Concordia da Entratalibera. Attraversiamo le sale di questo grande negozio che, da sempre, opta per scelte estetiche fuori dagli schemi. A parte la serie di favolose cucine allestite nella gran parte degli spazi, la ‘bow window’ in fondo ospita la nuova collezione ‘Enumenes’ by Paola Navone. Si presenta con una sfilata di sedie in ferro, appese a parete, e una serie di sofà e mini poltrone dal look ‘american vintage’, alle quali si affiancano le sedute in fibra di vetro stampato vichy azzurro e fantasie varie. Mentre al di là del cortile un appartamento ospita la nuova ‘home collection’ dell’architetto inglese Nigel Coates. La collezione intitolata ‘Casa Reale’ comprende una serie di lampadari in vetro di murano, che fanno il verso ai giullari di corte. Mobili dalle forme ondeggianti e che, in versione rivisitata, riprendono le curve dell’ebanisteria aristocratica, sdrammatizzate dai colori vivaci.
Il design tra sociale e pezzo d’arte
Anticipo a Isa che il prossimo appuntamento sarà da Shop Shaman e le parlo della sua fondatrice e direttore creativo, l’amica Susanna Brandolino. Il negozio è aperto solo da un anno e vende collezioni uniche di ceramiche realizzate dalla comunità Saman, con la collaborazione di artisti e designer. Generando così linee declinate in piastrelle dipinte a mano, piatti, vasi, sculture e installazioni.
Bellissima la scultura in ceramica d’ispirazione pop-comica del grande ceramista Roberto Cambi. Artista irriverente, dissacrante e paradossale, cui non manca certo il senso dell’espressione caotica e che, volente o nolente, riesce sempre a plasmare forme esteticamente accattivanti.
Ci colpisce anche l’installazione ‘Lettere incompiute’ di Silvia Zotta, che apprezziamo ampiamente per la poetica e la finezza nella realizzazione. Evoca memorie di carta di tempi che non ci sono più.
Ci congediamo commosse da cotanto senso estetico, nato da un progetto sociale e dall’immane energia dedicata a uno scopo di gran lunga superiore alla mera forma.
Mi duole dirlo, ma l’appuntamento seguente è stato, più che altro, una visita obbligatoria dall’annunciata novità e al suo lancio. La linea si chiama ‘Discipline’: semplice, pulita e essenziale, senza necessità né virtù. Anche in questo caso, non posso tradire i miei propositi sul design e i suoi creatori. Guardo Discipline e non mi viene da pensare ‘Non mi piace’, ma neanche il contrario. Temo che anch’essa sia frutto di una strategia meramente commerciale, anche se la speranza è sempre l’ultima a morire.
Isa ed io non vedevamo l’ora di andare da Riccardo Grassi, il nuovo showroom di Via Piranesi. Uno spazio affascinante. Nella grande sala troneggia, solitario, Darcel Disappoint: il personaggio creato dall’artista e illustratore australiano Craig Redman. E’ un grande uovo dall’occhio di ciclope, alter ego di Craig, che osserva cinicamente la vita, seduto sul suo sgabello. Osservare senza sosta il quotidiano dev’essere molto faticoso. Nasconde un cassetto foderato di fiori variopinti, come metafora di quella parte di sè che preserva.
Un’opera realizzata in guscio d’uovo pressato, che pare madreperla, e policarbonati: materiali sofisticati per un’oggetto già cult, ironico e iconico.
Inventiva, senso dei materiali e ironia: ingredienti perfetti
Altro giro, altro showroom. Lo Studio Zeta ospita il surrealismo delle invenzioni e delle proposte dell’ormai rinomata Design Academy Eindhoven. Al centro dello spazio, gli impareggiabili olandesi hanno allestito una grande tenda stracolma di ogni ‘bendiddio’, dando così un benvenuto culinario, come solo i nordici sanno fare.
A proposito di design invece, una gincana davvero straordinaria tra creazioni ludiche, geniali invenzioni e idee in progress che vale la pena vedere. Ad esempio: il Meccano 2.0 di Tomm Velthuis, ispirato al famoso gioco, in un incrocio tra le macchine inutili di Bruno Munari, quelle di Tinguely e i ‘mobiles’ di Calder.
Fra i tantissimi, spicca l’ormai famosissimo Piet Hein Eek.
Salendo le scale la segnaletica sugli scalini indica il progetto ‘The weather group exhibition’, curated by Maaike Strengholt. Isa ed io alziamo il naso all’insù e ci troviamo, tete à tete, con un enorme coccodrillo in ceramica bianca che pare divorare (o offrire?) un ciuffo di fiori di zucca… Ci guardiamo divertite, come due bimbe al parco giochi.
Un’immensa tavola imbandita di ceramiche faentine, candide come la neve, in fogge di animali over size, accostate a cavoli, lattughe, radicchi.
Il grande fenicottero funge da oliera, i due elefanti salano e pepano, i rinoceronti per olio e aceto, le pantere portano i tovaglioli e via dicendo… Uno zoo da tavola, dall’improbabile nome ‘Piselliproject’. Per una volta posso dire che l’eccentrico contenitore supera il contenuto.
Cascina Cuccagna e il nuovo ostello per giovani designer
Uscite da un bombardamento surreale, seppur esteticamente interessante, ci dirigiamo a piedi verso la Cascina Cuccagna. Il mitico luogo che accoglie una serie di progetti sostenibili.
All’entrata viene presentata un’anticipazione, promossa da Casa Facile, della prossima apertura del primo Ostello per giovani a Milano, ideato da giovani designer, e che avrà anche un ristorante a kilometro zero all’interno del cortile.
Al piano superiore, ancora in gran parte da definire e arricchire di dettagli, le camere ospitano letti a castello in legno, oggetti materici e tessili che delineano comunque una scelta accurata e per niente scontata. L’inaugurazione è prevista a Giugno.
Passando da una stanza all’altra, incontriamo l’enorme telaio-madre di un laboratorio di Biella, fondato da tre ragazze per creare la loro pregiata collezione tessile. Come nelle migliori filastrocche tradizionali: Anna tesse, Sissi tinge, Tessa colora e il pastore consegna loro regolarmente la lana. Questa è una storia vera. Coperte, cuscini, tappeti ne sono il risultato. Una nuova collezione degna di nota.
Stanza successiva, storia ancor più incredibile. Mobili in legno riciclato che paiono uscire dalle mani di uno scultore e tessuti tramati per tappeti colorati. Chiedo informazioni e mi si presenta uno psichiatra e la sua incredibile storia, nata con lo scopo di riabilitare una cascina per ospitare persone psichicamente disturbate.
Un mobiliere li aiuta donando loro vecchi mobili recuperati nei magazzini. Con l’abile sapienza di uno scultore-falegname li ristrutturano e, man mano, al gruppo si uniscono altri designer che affiancano gli ospiti della cascina facendone un luogo di grande sapore decorativo. Il mobiliere decide così di fondare con loro un laboratorio attivo di arti applicate. Questa è la storia di Opere Aperte e dello psichiatra che, per amor di un progetto e dei suoi pazienti, si ritrova al Fuorisalone. Anche questo è design.
La bellezza dei pezzi presentati, ma ancor di più delle storie appena ascoltate, ci dà tanta di quell’energia che a confronto il ginger candito è un placebo.
Ultima visita e scopriamo una piccola azienda di Ancona che produce una serie di maniglie e pomelli che sembrano gioielli e includono quarzi e pietre. Ricordano gli oggetti cesellati da maestri antichi.
Tra garage e ville: il design è di casa ovunque
Ed è la volta di un’altra novità. Lo spazio Garage, un immenso hangar che ospita una piccola ed eclettica collettiva. Dai vetri di Murano di Ugo Nespolo, alle pareti decorate di Richard Woods, passando per le pentole di Roberta Colombo dal titolo ‘Il diavolo fa le pentole e il coperchio l’ho fatto io’ e fa sorridere anche il nome della sua serie di piatti ‘Casalinghitudine’.
Mentre all’ingresso ci accoglie un enorme piccione di stracci riciclati e attorcigliati con spago da arrosto. Non c’è che dire, Roberta Colombo riesce a coniugare fantasia e estetica, in modo ludico e ironico.
Ultima tappa: Villa Necchi e il progetto Fabrica, sotto la direzione artistica di Sam Baron. I creativi hanno riletto con intelligenza la storia della villa e dei suoi abitanti, ideando un oggetto per stanza, lasciandosi contaminare dal genius loci di ogni ambiente. Il risultato è una serie di preziosi e, a volte dissacranti cammei, creati con la sapiente collaborazione di aziende d’eccezione. Come il vaso discreto, e sfacciato allo stesso tempo, che racconta la storia degli amanti di una dei membri della famiglia, conservandone i nomi e il ricordo.
Ci salutiamo, nutrite di storie, immagini, volumi, proposte inconsuete e affacciandoci felici sul giorno che verrà che sarà dedicato alla zona Brera. Ritorno a casa, ma non sui miei passi. Sono sempre più convinta che il futuro è in mano agli artigiani. Loro sono i veri conduttori di anime, di storie e di sorprese. Loro sono la sapienza e anche se, sino a ieri, si limitavano ad applicare la loro maestria, oggi più che mai stanno imparando ad arricchirla di proposte, che forse un giorno, chissà, supereranno la barriera delle mere logiche aziendali. Hanno imparato, più di altri, che dalla crisi nascono nuovi stimoli.