[galleria id=”3475″]Gli imprevisti sono quasi d’obbligo e a volte si rivelano grotteschi…Al risveglio, tutto era già inserito nella mia borsa, pochissimo tempo e trafelata più che mai, in ritardo come al solito.Un tarlo mi perseguita, il ricordo di uno fra le migliaia di inviti ricevuti che mi ero prefissata di vedere a tutti i costi ma non so più ne dove ne quando.
Non è segnato sulla mia tabella di marcia, apro allora il file con tutti gli inviti e scopro che MOMO , la Biennale dell’Artigianato Sardo è in via della Cuccagna. La famosa Cascina della Cuccagna dove sono stata proprio ieri per uscirne in men che non si dica, senza averci capito nulla e aver costretto Giorgio a spegnere la sigaretta che aveva appena acceso.
Scendo confusa, ricontrollo per la terza volta l’invito (4 giorni di marcia si fanno sentire e la stanchezza avanza), Giorgio è giù che mi aspetta (sempre con il giornale in mano, lo riconosco dal giornale più che dal volto). Lo saluto ridendo, ancora prima di annunciargli che dobbiamo tornare in Via Della Cuccagna. Mi fa un cenno ironico di chi pensa sia davvero uno scherzo, ed invece è una confusa realtà, ci avviamo nella speranza di troare MOMO, costretti questa volta a berci il caffè in un bar qualunque, rimpiangendo il nostro tour nelle pasticcerie milanesi.
Nella rubrica del 17 Aprile troverete tutte le informazioni riguardante questa speciale esposizione di oggetti e mobili sardi, molto interessanti, unita alle altre che non sono riuscita ad inserire prima per questioni di tempo.
Oggi destinazione Zona Brera, primo stop da Ingenious Switzerland: entrando ci si scontra con delle grandi figure a forma di gonna ma disposte come lampadari che ruotano e danzano, a tempo di musica Andalusa, ricordando i sufi e le gonne delle ballerine di flamenco. Una sorta di mandala, per compensare una proposta di mobili rigorosamente svizzeri .
Prossimo tour, destinazione Via Pontaccio, mi faccio “depositare” all’inizio della via che accoglie varie presentazioni, decido quindi di percorrerla a piedi. Uno stop al numero 12, dove vengono presentate una serie di maniglie e pomoli estremamente raffinati, ideate da Giorgio Vigna per Pemar e realizzate con la stessa maestria e meticolosità con le quali si plasmano i metalli per la lavorazione dei gioielli, alcuni dei quali in pietre preziose.
Pochi passi più in là c’è Moroso, guardo al di là del vetro ma riesco a vedere solo una fitta nebbia, decido di entrare e vengo avvolta da una nube che inalo con stizza. Vedo bianco, muri e par terre bianchi, una gran quantità di sedie tutte uguali, anch’esse bianche…Non posso non ricordare quelle immagini che ci regalano da sempre e che vogliono rappresentare il paradiso. In paradiso non ci voglio ancora entrare, quindi decido di uscire.
Lo so, avrei dovuto soffermarmi ed assaporare questo tipo di emozione, ma preferisco la cruda realtà oppure l’oniricità e la ludicità.
Attraverso la strada quasi scappando, e passo dalla ricerca dell’etereo, alla rappresentazione sorprendente di un materiale antico come il mondo: il rame. Felice di passare cosi dall’astratto al concreto.
KME ha scelto un designer di grande versatilità come Ferruccio Laviani che in questa presentazione ha dimostrato una profondità nella ricerca e capacità interpretativa, raccontando le molte sfaccettature del rame e l’intelligenza di un materiale plasmato su mobili e oggetti.
Appena entrati, una stanza abitata da pannelli che scendono dal soffitto ognuno dei quali illustra le varie sfumature dei colori del rame e per ognuno, un motivo 3D: onde, bolle, trafori…In fondo, un grande vetro mi separa da una stanza dove viene rappresentata una sala, con chaise longue, tavolo e sedie, tavolino e lampada, presentati in modo speculare; a sinistra la sala è in rame che gli conferisce calore ed eleganza e, a destra nei suoi colori originali, bianco e nero ed è come se l’immagine si spegnesse, perdesse il suo “aplomb”. Continuo il percorso dove incontro anche, tavoli, scaffali, librerie in rame, di grande sapore.
Mi congedo con la sensazione di aver appreso qualcosa, di aver ricevuto nuove suggestioni e, mi dirigo verso lo Spazio Pontaccio. Una visita breve, il tempo di assaporare la cucina di Philippe Starck, il tavolo Faint di Patricia Urquiola e tanti oggetti inconsueti, come gli orologi timeless story di Lorenzo Petrantoni, ideati da Diamantini Domeniconi in edizione limitata.
Entro brevemente nella galleria che presenta “Wall& Decor” che propone una serie di wall papers di nuova generazione, ma con richiami dal forte sapore anticato, quasi fossero affrescati.
Mi dirigo molto eccitata verso lo spazio Ferré, sapendo già che mi aspetta una presentazione fuori dal comune, ideata da Lidewij Edelkoort e Philippe Fimmano : Talking Textiles, che coinvolge designers emergenti e altri del calibro di Patricia Urquiola, Humberto e Fernando Campana, Kiki Van Eijk, ognuno dei quali ha creato un’installazione, raccontata dalle trame del tessuto, dei suoi colori, intrecci e filati.
Telefono a Giorgio e gli comunico che mi dirigo verso Corso Garibaldi a passo spedito, e che ci saremmo ritrovati in fondo a via Varese.
Un breve passaggio da Fritz Hansen per ammirare i nuovi colori; prugna, arancio e cuoio aranciato per ricoprire la nota poltrona Uovo.
Lascio Corso Garibaldi dietro di me ed avanzo verso via Varese, con passo militaresco, la macchina fotografica appesa al collo, la bottiglia d’acqua in una mano e nell’altra, il quaderno degli appunti…
Finalmente giungo in via Varese, da Understate, uno spazio molto versatile che ha sempre delle proposte innovative unite ad una serie di mobili vintage molto sofisticati.
La vetrina colpisce per la vitalità dei suoi colori viola e rosso ed una moltitudine di vasi bellissimi.
Scopro una serie di lampade davvero innovative ideate da Loris Sensolini, un giovane designer che ha utilizzato tubolari di ottone e rame facendoli curvare in varie direzioni da dove spuntano dei grossi bulbi. Il filo elettrico è rigorosamente colorato: giallo, rosso, verde e blu.
Approdo in Largo Treves, dove Massimo Lunardon, dall’evidente nome veneto, crea oggetti ispirandosi alle forme animali e ad altre estremamente giocose, in vetro soffiato. Solitamente coloratissimi, ma questa volta ci ha sorpreso con una trasparentissima Tita; una lampada da tavolo dall’aspetto fumettistico, ne cito solo una ,ma la famiglia è molto allargata e variegata. Ma anche un lampadario formato da uno stormo di allodole che scendono poeticamente a grappolo, in vetro soffiato trasparente.
Via Palermo accoglie la nuova collezione di Hermès disegnata da Antonio Citterio. Fotografo il contenitore che rappresenta una casa in legno e tubi di cartone intessuti di carta ideata da Shigeru Ban e Jean de Gastines. Vengo però assalita da un signore che mi proibisce di rubare altri scatti.
Ammiro la collezione rigorosa ed esco impunita con la mia unica foto firmata Hermès.
Attraverso la strada e mi dirigo verso uno dei miei posti preferiti Pimar, propone la pietra leccese in tutta la sua versatilità. Quest’anno è il turno di Philippe Starck che ha re interpretato le antiche colonne facendomi passare dal rigore di Hermès alla ridondanza decorativa delle colonne di Starck.
Giro l’angolo per una breve visita alla galleria Grossetti che espone una serie di vassoi, bicchieri e contenitori in legno e lacca, ideati da Takumi Shimamura per Chanto. Viene nuovamente proposto l’accostamento di colori vivaci al legno naturale, giusto una linea di colore per non tradire le forme essenziali.
Risalgo in macchina alla volta di Corso Como 10. Una grande stanza bianca presenta i prototipi di una nuova collezione di ceramiche ideata da Riccarto Schweizer, alcune delle quali dipinte a mano con mitivi anni’50 e altre dalle forme tondeggianti dove il color avorio viene accostato al color rame.
Nella sezione accanto, appesi al grande muro bianco, gli schizzi dalla connotazione afro di Kris Ruhs, sono la bozze dalle quali nascono la serie di lampade e pouf presentati nelle bacheche o sulle pedane ai piedi degli schizzi.
Un passaggio breve anche da Missoni per ammirare le scenografie Missoni textile.
Ci dirigiamo verso via Maroncelli da Wunderkammer dove mi accoglie la designer Claudia Frignani che mi illustra le sue novità: una serie di coloratissimi vasi in ceramica plasmati a mano da lei e circondati dalla sua collezione di mobili davvero inconsueti e dai dipinti di suo fratello Nicola . Due portoni più in là vengo attratta da varie forme cilindriche che riflettono sulla vetrina i colori del rame e dell’oro. Sono le lampade di Veronese Paris, realizzate a Murano, esposte anche alla Triennale.
Ultimo appuntamento, da Amalgama, altra galleria inconsueta. Lidia si cimenta ormai da anni con risultati non indifferenti nel fare realizzare ad artigiani poliedrici collezioni di maniglie, mobili, bicchieri, murales, quadri e quant’altro. Una piccola galleria ma dove non manca nulla.
Mi colpisce una vetrina che ricorda le forme di Gaudì, realizzata da Yurek Sztekiel.
Giorgio mi aspetta fedele e sempre di buon umore, sulla strada verso casa il nome Edra tuona nella mia mente…Me n’ero completamente scordata, facciamo inversione : la prima novità per il designer Jacopo Foggini è l’aver realizzato una serie di poltrone in metacrilato, tralasciando per un attimo le sue lampade o, sculture luminose. Le poltrone Alice, indossano colori che accostano il verde al blu oppure il fuxia tout court.
Ripercorriamo la strada verso casa e questo sarà il mio ultimo giorno con Giorgio, parliamo di quanto abbiamo riso e di questo viaggio in macchina durato 4 giorni, durante i quali abbiamo condiviso conversazioni goliardiche, senza tralasciare attimi dove abbiamo toccato temi spirituali o legati alla vita.
Abbiamo riso del fatto che lui conosce le strade per via della settimana della moda, durante la quale è sempre impegnato a trasportare orde di buyers su un mini van, che transita da uno show room all’altro ed è per questo che conosce le strade come fosse una piantina vivente. Ragiona per show rooms.
Mi domanda quale siano le tendenze del design e gli riassumo in breve ciò che ho visto oggi: sperimentazione di materiali nuovi, ancora richiamo alla natura e al tema del green, colori , tanti colori , forme ludiche e fiabesche, giocosità e desiderio di spingersi oltre nella sperimentazione, per dimostrare quanto i materiali e i colori possano trasformare l’oggetto.
Ci salutiamo un po’ nostalgici ma certi che ci saranno altre maratone da condividere.