Il pagamento dei lavori condominiali può essere oneroso: cosa dice la legge se un condomino non può pagare?
Quando si vive in condominio si è perfettamente consapevoli del fatto che l’assemblea di condominio ha facoltà di imporre scelte a tutti i condomini, a prescindere dal voto che hanno espresso nel corso di una votazione.
In particolare l’assemblea di condominio ha facoltà di proporre e votare le spese straordinarie, ovvero una tipologia di spesa da sostenere una tantum allo scopo di eseguire lavori di ristrutturazione oppure realizzare opere migliorative dello stabile, come ad esempio l’aggiunta di un ascensore. Tali spese si differenziano da quelle ordinarie perché in alcuni casi le spese straordinarie possono non essere sostenute, mentre le spese ordinarie vanno sempre pagate regolarmente da tutti i condomini.
Le spese straordinarie, che sono quelle più onerose dal punto di vista economico, possono non essere sostenute da coloro che hanno votato contro a patto che si tratti di spese non necessarie e atte a realizzare strutture utilizzabili separatamente.
Per esempio, se la maggioranza vota a favore della costruzione di un campo da tennis e un condomino non avesse intenzione di pagarlo, può farlo perché semplicemente rinuncerà al suo utilizzo. Le cose sono diverse nel caso di spese necessarie, come ad esempio il rifacimento del tetto: nel caso in cui l’assemblea le approvi, andranno pagate sempre da tutti i condomini.
La legge italiana non garantisce un diritto incondizionato alla proprietà. Questo significa che per continuare a possedere un bene un cittadino deve poterlo mantenere.
Questo significa che se un condomino non può sostenere spese straordinarie necessarie al buon mantenimento della sua casa potrebbe vedere la propria casa pignorata ed essere infine costretto a vendere la sua proprietà.
Purtroppo come molti altri meccanismi virtuosi, tale sistema può essere piegato a un utilizzo scorretto: si parla in questo caso di abuso di maggioranza. Questa si verifica nel momento in cui la maggioranza dei condomini (magari formata da parenti proprietari di varie case) si coalizza per costringere la minoranza a sostenere determinate spese. Nei casi peggiori questo sistema ha lo scopo di costringere i condomini indesiderati a vendere l’appartamento.
Se si verifica una situazione del genere il condomino in minoranza può denunciare l’abuso di maggioranza impugnando la delibera dell’assemblea condominiale entro 30 giorni dal voto. Se si dovesse riscontrare un “eccesso di potere della maggioranza” il giudice potrà intervenire a salvaguardia del condomino che non può permettersi di pagare i lavori.