Ecco tutte le caratteristiche della cedolare secca sulle locazioni e quando si può optare per questa tassazione.
Vediamo che cos’è la cedolare secca sulle locazioni, come funziona e quali sono le possibilità di applicazione di questa forma di tassazione. Iniziamo con il dire che questo regime fiscale si applica in determinati casi sugli affitti con aliquote diverse. Non è una tassazione obbligatoria.
Infatti è una possibilità per il contribuente (il proprietario del locale posto in affitto) che così facendo opta per un’imposta che sostituisce l’IRPEF e le addizionali locali che derivano dai canoni di locazione. Ma oltre questa prima informazione sommaria occorre definire nello specifico le caratteristiche del tassa e fornire le coordinate per capire di che cosa si tratta.
Cedolare secca, quando trova applicazione
Come accennato, si parla di un’imposta che prende il posto dell’IPERF e delle addizionali locali per i redditi che derivano dagli affitti tra privati. Non solo, con la cedolare secca applicata nei contratti di locazione, non si applicano imposta di bollo, né di registro. Quindi consente una semplificazione delle procedure e anche un risparmio per il locatore, almeno in alcuni casi.
Si definisce all’inizio del contratto o di anno in anno, con scadenze di pagamento identiche a quelle IRPEF (30 giugno e 30 novembre per saldo e acconti). Il locatore deve essere una persona fisica e la locazione (vale per proprietario e inquilino) non deve riguardare attività d’impresa o si esercizio di arti e professioni. Dunque si deve trattare di locazioni a fini abitativi. Ciò vale anche per locazioni brevi, cioè contratti con durata massima non superiore ai 30 giorni e minima non inferiore a un mese.
Da sapere che per le locazioni brevi la cedolare secca può essere applicata solo se il locatore destina a questa finalità non più di 4 immobili. Mentre da 2 a 4 immobili si applica l’aliquota del 26 per cento. Oltre questo numero si considera attività imprenditoriale con applicazione della partita IVA. La tassazione prevista è di norma del 21 per cento, ma che può scendere al 10 per cento in caso di contratto a canone concordato, di affitto a studenti universitari e di affitto transitorio (non più di 18 mesi).
Il 10 per cento si applica nei comuni con carenza abitativa (per esempio Roma, Milano, Napoli; Torino, Firenze, Bologna, Bari e i capoluoghi di provincia), nei comuni ad alta intensità abitativa, in quelli in condizioni di calamità naturali o in stato di emergenza. Infine non è possibile aggiornare il canone di locazione con il regime di cedolare secca con le variazioni del tasso di inflazione.