Con le novità introdotte dal Salva-Casa, molti italiani stanno pensando a un cambio di destinazione d’uso: la procedura è stata semplificata.
Semplificata, ovviamente, non vuol dire cancellata o spogliata di importanza. Cambiare la destinazione d’uso di un immobile rappresenta comunque un processo burocratico abbastanza delicato. E il rischio concreto, per chi non si preoccupa di chiedere tutti i permessi dovuti, è quello di incorrere in sanzioni. Esiste una procedura standard per poter ottenere i permessi necessari dal Comune di riferimento?
Il Salva-Casa ha certamente introdotto delle utili semplificazioni. Secondo la nuova legge, per esempio, il mutamento della destinazione d’uso di un immobile si considera senza opere se non comporta l’esecuzione di lavori edilizi. Cambiano anche le regole relative alle richieste. Con la novità amministrativa, è possibile presentare una SCIA, cioè una segnalazione certificata di inizio attività, per il cambio di destinazione d’uso, sia all’interno della stessa categoria funzionale che tra categorie funzionali diverse (anche se a determinate condizioni).
Per il Salva-Casa, infatti, il cambio di destinazione d’uso all’interno della stessa categoria funzionale è sempre consentito, mentre tra diverse categorie funzionali è consentito per le unità ubicate in specifiche zone (A, B, C). In generale, dunque, per poter cambiare destinazione d’uso bisogna comunque affrontare vari passaggi tecnici e burocratici.
Innanzitutto bisogna identificare con chiarezza la nuova destinazione d’uso. Le procedure sono differenti a seconda delle destinazioni d’uso finali, che possono essere residenziale, turistico-ricettiva, produttiva-direzionale, commerciale e rurale. Bisogna poi considerare che ogni Comune segue il più delle volte regolamenti specifici.
Oltre ai regolamenti comunali, bisogna tener conto dei limiti impiantistici, ovvero i parametri riguardanti gli impianti della nuova destinazione urbanistica. Ci sono vincoli da rispettare anche sulle disposizioni dimensionali dei locali (così come stabilito dalle normative relative alla nuova destinazione. E poi non bisogna dimenticarsi dell’autorizzazione sismica, qualora gli interventi incidano su elementi strutturali variandone rigidezza e resistenza.
A questo punto, seconda del tipo di intervento, bisogna capire se basta presentare una SCIA (come permesso dal Salva-Casa), una CILA (cioè una comunicazione inizio lavori asseverata) o un permesso di costruire. Quando il cambio di destinazione d’uso comporta un aumento del carico urbanistico, è inevitabile che si debbano pagare gli oneri di urbanizzazione. A questo punto si passa alla redazione della pratica urbanistica da richiedere presso il Comune di competenza territoriale per l’autorizzare degli interventi necessari a livello urbanistico (ovviamente dedicati alla nuova finalità di utilizzo che assumerà l’immobile).
Non è finita. Dopo aver ottenuto i permessi urbanistici, bisogna anche preoccuparsi di aggiornare la destinazione d’uso anche al catasto. Se il cambio di destinazione d’uso assume rilevanza urbanistica bisogna anche provvedere al deposito della segnalazione certificata di agibilità, per attestare il rispetto delle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità e efficienza energetica. Solo seguendo con grande attenzione tutto questo iter è possibile evitare sanzioni. Non esiste dunque una via unica o un percorso standard che rende il cambio di destinazione d’uso conforme alla legge.