Recentemente ho avuto l’occasione di ritornare a Lodi a visitare il centro direzionale della Banca Popolare realizzato da Renzo Piano nel 1999. Ormai passato da tempo il fragore della sua inaugurazione, delle notizie riportate sulla stampa e nelle riviste di settore, ho avuto modo di vederlo con il dovuto distacco.
Il centro sembra costituire una sorta di ‘cervello finanziario’ per un giovane capoluogo di provincia che con ambizione ha voluto equilibrare, verso nuove attività, la consolidata ricchezza della campagna.
Dell’aspetto finanziario o del valore economico sull’indotto però non ho intenzione di parlare, preferisco indagare sulla caratteristica morfologica dell’architettura di questo progetto.
Per meglio comprendere il linguaggio e l’impatto urbano di tale intervento si dovrebbe iniziare una lettura del territorio: incominciamo dalla visita del centro storico di Lodi.
Particolarmente interessanti la piazza principale porticata, con il suo Duomo, ed un intorno costituito da un dedalo di vie che dalla piazza portano verso l’esterno del centro urbano. In questo modo ed in questo tipo di rapporto economico e commerciale tra il centro cittadino ed il territorio risiede la chiave di lettura dell’impostazione urbanistica di molte città italiane. Lodi nel medioevo è già un importante centro politico e strategico per questo la visione e l’impostazione architettonica della città ne sottolineano il ruolo.
In qualche modo il centro direzionale di Renzo Piano sembra rileggere questa impostazione. I volumi costruiti si alternano agli spazi vuoti, relazioni tra parti all’aperto e parti coperte, luci ed ombre; queste le principali caratteristiche che mi hanno colpito, in effetti sembra di vedere, a scala ridotta, un centro cittadino.
Lo spazio sembra ruotare intorno ad un grande volume cilindrico, un ruolo di centralità che già abbiamo visto riservato nel medioevo agli edifici del potere temporale e spirituale.
E’ molto interessante anche la scoperta di questo centro, da parte del visitatore, che si fa attraverso gli accessi, che, quasi sotto forma di Porta, permettono di superare gli edifici periferici; si arriva così nello spazio aperto centrale e si è costretti a guardare verso l’alto, proprio come un viandante d’altri tempi guardava intimorito le alte facciate gotiche di Chiese e Palazzi Comunali.
Si può così , in questi luoghi, comprendere la perfetta relazione tra architettura e le condizioni climatiche del territorio. Calde estati dove i portici servono alla protezione solare creando essi stessi un decoro di luci ed ombre in alternanza ad inverni grigi dove la nebbia è complice dell’ improvvisa sorpresa visiva delle imponenti architetture.
Credo che questo intervento architettonico si riserva uno spazio importante nelle pagine dell’architettura contemporanea italiana. Non una cattedrale isolata, ma una colta ed attenta lettura del contesto urbanistico e culturale dei centri storici italiani.