Chi vive in un appartamento con un contratto d’affitto può risparmiare tutti i mesi sul canone se sa che causale utilizzare.
Negli ultimi anni è innegabile che il costo dell’affitto medio sia aumentato e che questo abbia pesato molto sul bilancio familiare degli italiani. Per questo quando si presenta la possibilità si abbassare il canone tutte le famiglie sono pronte a coglierla al volo. La difficoltà è riuscire a capire quando si può richiedere, perché se sussistono le stesse condizione è un diritto dell’inquilino.
Secondo quella che è la prassi il prezzo delle mensilità si stabilisce fra il proprietario dell’immobile e gli inquilini prima di stipulare il contratto di locazione abitativa. Una volta che questo viene firmato significa che entrambe le parti hanno accettato il costo del canone. Di solito per contrattare ci si muove prima di questo momento, in modo da correggere il contratto.
A posteriori però è comunque possibile farsi ridurre il canone se per esempio dopo il trasferimento emergono delle criticità a livello dell’immobile che prima erano sfuggite. Se ci sono delle problematiche infatti il valore dell’abitazione può risultare inferiore a quanto ritenuto prima e l’affitto si può abbassare. La procedura per dimostrarlo però non è sempre lineare.
Se riscontra qualcosa di anomalo nell’abitazione o sospetta di pagare una mensilità troppo alta l’inquilino può avvalersi della consulenza da parte di un perito. Qualora la perizia confermi i dubbi emersi si può procedere notificandola al proprietario dell’immobile per chiedergli di prenderne atto. Per maggiore formalità meglio procedere tramite lettera o raccomandata.
Una volta che il locatore visiona la perizia è possibile provare a intavolare una discussione relativa a una possibile riduzione del canone. Se si riesce a stabilire un nuovo accordo la questione può risolversi già così, ma qualora il proprietario rifiuti di abbassare il canone si può procedere per via legale. Una volta in tribunale toccherà al giudice stabilire il giusto ammontare dell’affitto.
Finché non si avrà la sentenza in mano per far valere la riduzione del canone però l’inquilino sarà vincolato a pagare la quota definita dal contratto che ha firmato. In più deve ricordare che la decisione del giudice, anche se a suo favore, non avrà valore retroattivo quindi non recupererà i soldi già pagati. Conviene quindi valutare in base ai tempi se convenga o meno la via legale.
In caso l’inquilino decidesse di rifiutarsi di pagare il canone avvalendosi della perizia questo gli si ritorcerebbe contro. Il proprietario a quel punto potrebbe infatti procedere con un’intimazione di sfratto, costringendolo ad andarsene.