Una questione scottante, quella degli affitti in Italia. Sul tema, oggi, interviene la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 3756
Il tema degli affitti è, ormai da diversi mesi, al centro del dibattito sociale, ma anche di quello politico, in Italia. A protestare sono un po’ tutti i cittadini, per i canoni troppo elevati. Oggi, però, sul punto arriva una fondamentale sentenza della Corte di Cassazione: l’ordinanza n. 3756 mette tutto in chiaro, una volta per tutte.
Un tema che va ben oltre l’aspetto economico. Il caro-affitti è diventato insostenibile un po’ ovunque. Se, un tempo, infatti, le criticità si registravano soprattutto nelle grandi città, con Milano che, da sempre, registra cifre al limite dell’indecenza, oggi sono un po’ tutti i centri d’Italia a presentare il problema.
Affitti: la sentenza della Cassazione
Ricorderete, per esempio, la protesta degli studenti universitari che, negli scorsi mesi, si sono accampati con le tende fuori dalle principali sedi di Ateneo d’Italia, lamentando come il rialzo dei prezzi degli affitti li spingesse a scegliere abitazioni molto distanti dalle università, ledendo così il sacrosanto diritto allo studio.
E, come spesso accade, sul tema ha dovuto mettere un punto la magistratura. È, in particolare, l’ordinanza n. 3756 della Corte di Cassazione che va ora a incidere su questa tematica così scottante.
La Corte di Cassazione, infatti, ha chiarito un importante aspetto riguardante la riduzione del canone di locazione e la sua registrazione ai fini fiscali. In particolare, la Suprema Corte ha stabilito che, per quanto riguarda le imposte sui redditi relative ai canoni di un contratto di locazione, la riduzione del canone ha effetto nei confronti dell’Amministrazione finanziaria solo dal momento in cui l’accordo tra le parti ottiene una data certa, come specificato dall’articolo 2704 del codice civile.
Il caso riguardava una contribuente che aveva affittato un immobile commerciale. Successivamente, il 15 febbraio 2011, con una scrittura privata registrata il 15 marzo 2011, la locatrice e l’inquilino avevano concordato una riduzione del canone, retroattiva all’anno precedente. Basandosi su questo accordo, la proprietaria aveva indicato un canone ridotto nella dichiarazione dei redditi per l’anno in questione. L’Amministrazione finanziaria, tuttavia, aveva contestato questa dichiarazione, emettendo un atto di accertamento ai fini IRPEF. Secondo l’agenzia, l’accordo di riduzione del canone poteva essere opponibile solo dal 15 marzo 2011, data della sua registrazione, e non retroattivamente.
In primo grado, i giudici tributari avevano accolto la tesi della contribuente, riconoscendo che la registrazione non incideva sul perfezionamento del contratto né sulla sua efficacia. Tuttavia, sia la Commissione Tributaria Regionale (CTR) che la Corte di Cassazione hanno dato ragione all’Agenzia delle Entrate. La Suprema Corte ha sottolineato l’importanza dell’articolo 2704 del codice civile, che stabilisce che la data di una scrittura privata non autenticata è certa e opponibile ai terzi solo a partire da specifici eventi, tra cui la registrazione del documento.
L’ordinanza ha ribadito che per fornire una prova documentale adeguata di un accordo scritto, è essenziale che la data sia certa. Di conseguenza, l’accordo di riduzione del canone aveva effetto fiscale solo dalla data della sua registrazione, il 15 marzo 2011, senza alcun effetto retroattivo al 2010.
Come sempre accade con le decisioni della Suprema Corte, esse non vanno a incidere solo sul caso in questione, ma creano un precedente. In particolare, la Cassazione sottolinea la necessità di registrare tempestivamente qualsiasi accordo che modifichi il canone di locazione per garantirne l’efficacia fiscale. Questo principio non solo assicura la trasparenza nei rapporti con l’Amministrazione finanziaria, ma protegge anche gli interessi delle parti coinvolte.