L’accordo prematrimoniale rappresenta una pratica sempre più discussa e considerata da chi sta per convolare a nozze.
Alla luce delle dinamiche matrimoniali contemporanee che vedono un incremento dei casi di separazione e divorzio. Ma cos’è esattamente un accordo prematrimoniale e quali sono le sue funzioni? E soprattutto, è possibile stipulare un tale accordo in Italia? Queste domande trovano risposta esplorando la natura dell’accordo prematrimoniale, le sue limitazioni legali nel contesto italiano e gli scenari in cui può rivelarsi utile.
L’accordo prematrimoniale è un contratto stipulato tra due futuri coniugi prima del matrimonio. Il suo scopo principale è quello di regolare anticipatamente i rapporti economici tra i partner in caso di separazione o divorzio. Sebbene questa pratica sia molto diffusa negli Stati Uniti, dove assume connotati quasi standard nella preparazione al matrimonio, in Italia la situazione appare decisamente diversa a causa di una normativa più rigida e restrittiva.
In Italia, i patti prematrimoniali sono generalmente considerati nulli dalla legge. Questo perché il nostro ordinamento giuridico impone che certi diritti – definiti indisponibili – non possano essere oggetto di rinuncia preventiva prima della separazione o del divorzio. Tra questi diritti rientrano il mantenimento post-matrimoniale e l’assegno divorzile. Di conseguenza, qualsiasi accordo che preveda la rinuncia anticipata a tali diritti sarebbe invalidato dalla legge italiana.
Nonostante il quadro normativo restrittivo, esistono delle eccezioni sotto specifiche condizioni che possono rendere valido un patto prematrimoniale anche nel nostro Paese. Una condizione essenziale è che l’accordo non riguardi diritti indisponibili e che entrambi i nubendi si trovino in condizioni di parità economica al momento della stipula. Inoltre, è ammesso un patto con cui si prevedono obbligazioni reciproche di valore equivalente tra i futuri sposi.
Un caso emblematico riguardante la validità degli accordi prematrimoniali è stato deciso dalla Cassazione nel 2012: due coniugi avevano firmato prima del matrimonio un impegno secondo il quale uno dei due avrebbe ceduto all’altro un immobile come indennizzo per le spese sostenute nella ristrutturazione della casa coniugale. La Cassazione ha ritenuto valido questo tipo di accordo poiché basato su prestazioni proporzionate tra i coniugi relative alle spese affrontate per la famiglia.
Nonostante alcune aperture interpretative da parte della giurisprudenza italiana verso gli accordi caratterizzati da prestazioni proporzionate tra i partner, rimane forte l’esclusione della possibilità di regolare preventivamente ogni aspetto relativo alla futura separazione o divorzio attraverso contratti firmati prima del matrimonio quando ancora “nella coppia sono rose e fiori”. L’ultima decisione significativa della Cassazione su questo tema risale al 2017 ed ha negato validità ad un patto prematrimoniale volto a stabilire anticipatamente l’erogazione di un assegno una tantum in caso di futuro divorzio.
Sebbene gli accordi prematrimoniali possano apparire come uno strumento utile per gestire preventivamente eventualità future complesse come quella della separazione o del divorzio, il contesto legislativo italiano impone limitazioni significative alla loro applicabilità. Tuttavia, sotto determinate condizioni e rispettando le norme vigenti sulle obbligazioni reciproche proporzionate ed equilibrate tra i futuri sposini, alcuni tipologie d’accordò possono trovare spazio anche nel nostro Paese.