[galleria id=”4973″]Aria di Zaha Hadid a Tel Aviv? No, non c’è la mano dell’architetto iraniana al nuovo museo d’arte in cui stridono gli opposti di neutralità e spettacolarità architettonica. Un volume di recente inaugurazione, progettato da Preston Scott Cohen Architects, studio bostoniano, vincitore dell’apposito concorso di progettazione promosso nel 2003 dal Museo grazie alla donazione effettuata da Herta e Paul Amir (si spiega quindi il nome della struttura “Herta e Paul Amir Building”). L’edificio è composto da una serie di piani indipendenti, costruito da sistemi strutturali in acciaio impilati l’uno sull’altro, collegati da elementi geometrici nei quali “scorrono” i collegamenti verticali.
Le gallerie sono organizzate attorno a un grande atrio illuminato da un ampio lucernario, detto “Lightfall” (ovvero “cascata di luce”) che ha forma di spirale.
L’interior design è essenziale, tutti biancho, decisamente minimalista: ambienti a pianta rettangolare che all’esterno si manifestano con delle spettacolari torsioni e danno vita a un edificio a punta di diamante, rivestito in lastre prefabbricate di cls, di ben 465 forme diverse.
Si tratta di un architettura che ripropone parzialmente i materiali della struttura preesistente, cercando un legame visivo con l’intorno, non riuscendoci troppo.
Una forma di diamante che ricorda troppo da vicino il museo “Hadid-iano” del museo della scienza e tecnologia di Wolfsburg in Germania ma che non ne riesce a raggiungere “l’effetto astronave aliena atterrata da poco” che ne rende sopportabile il posizionamento in un area estremamente industrializzata, vicino le ex industrie Wolfwagen.