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Il Belgio è un paese troppo inesplorato per contenere un così elevato numero di talenti e voci silenti che vivono assetate di ricerca più che di fama. Passeggiando per le vie del centro della capitale, si respira un’aria di veridicità e il linguaggio culturale di una città che non cerca di mostrare un’immagine costruita, ma che emana, il forte sapore della ricerca e della sperimentazione in una dimensione creativa ed artistica di spessore e di intimismo; sempre alla ricerca della sola verità espressiva.
Le gallerie sono molteplici e gli appassionati collezionisti d’arte, di design e di artigianato sono attenti a tutto ciò che si muove; non si perdono un opening: occasione per scoprire e arricchire le loro case, curate nei minimi dettagli. Presentazioni che offrono un panorama così internazionale da farti scoprire nomi e linee che avresti potuto incontrare ovunque nel mondo.
Durante questo brevissimo soggiorno, ho avuto modo di visitare la galleria di Pierre Marie Giraud; giovane gallerista esperto in arte e artigianato internazionale, dall’attento discernimento e che espone periodicamente artisti, designer o artigiani del calibro di Ritzue Mishima o Martine Bedin.
Pierre Marie, definisce la sua galleria come specializzata in arti decorative contemporanee e che rappresenta artisti internazionali esperti nell’arte del vetro, della ceramica e dell’argento.
La galleria collabora anche con i vari designer nella produzione di pezzi unici o a edizione limitata; un’ampia selezione di pezzi contemporanei fa della sezione ceramica il suo networking. Vengono rappresentati così, in questo luogo raffinato, il meglio di artisti Europei, nord Americani e Giapponesi e la galleria stessa partecipa a fiere importanti come la Design Basel oppure la Design Miami e la TEFAF.
Al mio arrivo a Bruxelles, mi segnalano la mostra che espone le ceramiche di Alev Ebuzziya Siesbye, nata artigiana e divenuta artista, inizia il suo percorso nel suo paese, la Turchia.
Studia scultura presso l’accademia delle Belle Arti di Istanbul e nel 1963 si trasferisce in Danimarca dove lavorerà per molti anni presso la manifattura Royal Copenhagen per poi aprire il suo laboratorio dove crea e produce per 20 anni e senza sosta.
Giungo finalmente, nella piccola strada perpendicolare all’elegantissima Avenue Louise; mi accoglie una struttura moderna ed essenziale dalla grande vetrata squadrata e a raso muro che lascia intravedere la galleria nel suo interno e gli alberi dall’altra parte che sembrano voler entrare dalle altre immense vetrate, ancor più squadrate e mimetiche. L’architettura nordica e lineare mette in risalto le ceramiche di Alev Siesbye tutte allineate su un parallelepipedo dal quale emergono i toni dei blu, virando sugli azzurri e turchesi. Bellissimi.
Le sue creazioni, appaiono al primo colpo d’occhio, come una sintesi fra l’arte ancestrale del suo paese d’origine, e l’ under statement danese dove ha vissuto per cosi tanti anni, il che le rende interessanti e ancora una volta scopro un designer che riesce a fare del minimal un inconsueto per le vibrazioni che emanano le sue linee così essenziali ma il cui segno non si confonde. E’ soprattutto il concetto di ripetitività delle forme a ciotola e della sola variante colore a voler sottolineare l’ossessività nella ripetizione di un pezzo che assume connotazioni diverse a seconda del colore o del pattern, laddove l’artista si sforza di perfezionare quella unica forma.
Ovvero, conta più il colore del decoro, e lavorando su di esso, presenta una palette di sfumature artisticamente stese su un lavoro concettuale.